Altopiano di Cariadeghe: nuovo abisso, nuova giunzione!

Dopo le solite ore di scavo il passaggio sembra transitabile…

Tocca a me dimenarmi in verticale tra le viscide pareti del penoso budello e dopo aver ripulito dai detriti sospesi riesco a scendere qualche metro. Dai calcoli fatti, siamo a – 100 m circa, dovremmo trovarci molto vicini alla risalita dei “Gatti Selvaggi” ma essendo la grotta impostata su faglia, non è detto che intercettiamo la stessa struttura.

Atterro su un terrazzino comodo e più sotto le pareti si allargano. Scendo ancora qualche metro, non mi sembra il luogo descritto da Garbelli: siamo finiti in piena frizione di faglia, allargando le braccia tocco due pareti a specchio, e da quella prospettiva non intravedo prosecuzioni oltre quei 7 o 8 m di fronte a me.

Ma voglio attendere gli altri prima di proseguire, l’esplorazione è santa e in questi momenti adoriamo viverecela tutti assieme, anche se per pochi metri.

Vaino – Omber en banda al Bus del Zel (LoBs 247): in alto la strettoia e sotto Giunzione! – Foto Nicolò Falgari

Max dall’alto mi dice di andare a vedere. Ook!! faccio pochi passi e sulla mia sinistra noto, anche se alquanto sbiadita, la scritta in nero fumo GGB 82 e le iniziali degli esploratori in risalita dal ramo dei Gatti Selvaggi: G. Garbelli, A. Tomasi e F. Sabatti.

Inizio a urlare e non serve dire cos’è successo, gli altri intuiscono al volo e rispondono con altrettante urla gioiose.

Dietro uno sperone ecco il pozzo e sopra il vecchio spit.

Poco prima di mezzanotte del 01.04.2023 è giunzione!

Scendono a turno imprecando in strettoia, Nico, Max e Luke e festeggiamo il bel risultato.

Un pensiero va anche a Davide, peccato che non c’è stanotte, aveva lavorato sodo le volte precedenti, se lo meritava.

Dopo la foto di rito decidiamo di scendere i pozzi successivi per poi risalire, poiché si teme un’ondata di piena!! Per ripararci dal forte stillicidio, incredibilmente costante anche in questo periodo di forte secca, abbiamo montato dei teli alla base del P 41 (Total Sfundament), ma questi accumulavano l’acqua in certi punti e andavano svuotati di tanto in tanto. L’ultimo della ciurma si è però dimenticato di smontarli prima di scendere… Nonostante fossero belli pieni i teli hanno retto il peso evitandoci un pessimo scherzo.

LoBs 247 – Omber en banda al Bus del Zel: uno dei pozzi risaliti nel 1982 – Foto Nicolò Falgari

Usciamo fuori che ormai albeggia, e piove… ma dopo questo periodo siccitoso, la pioggia è apprezzata, lo prendiamo tutti come buon segno.

E’ la mia terza giunzione di altrettante tre grotte che sbucano in Omber, ma questa ha un valore particolare: l’abbiamo cercata, trovata, quasi abbandonata durante l’apertura dell’ingresso e per un’insistenza dell’ultimo tentativo subito ripresa, esplorata in poche punte, partendo da zero (la grotta non esisteva prima) e con un’idea ben precisa sul dove cercare.”     

Vicky

Vaino: la Sala Stria – Foto Nicolò Falgari

Il sistema carsico dell’Altopiano di Cariadeghe (Serle-Bs), da sabato 1 aprile può vantare un nuovo accesso al reticolo profondo.  La scoperta dell’ingresso, distante in linea d’aria circa 70 metri da quello dell’Omber (LoBs 247), risale all’inizio del 2023.

Il nuovo abisso, alla profondità di 100 metri è entrato in connessione ad un ramo attivo esplorato in risalita proprio nell’aprile 1982.

Il post sarebbe stato particolare se lo avessimo pubblicato il primo di aprile, perché entrare in questo complesso trovando del nuovo non è cosa facile.. non ci avrebbe creduto nessuno!

Per ironia della sorte sulla la sequenza delle uscite, “la punta” è caduta proprio nel giorno in cui lo scherzetto reale al reticolo sottostante potevamo farlo noi, e così è andata.

Vaino: l’ultimo tratto del P41 Total Sfundament – Foto Nicolò Falgari

La soddisfazione a seguito di una giunzione viene quasi scontata da scrivere: a volte raccoglie emozioni di una vita dedicata al perseguimento di un sogno o vissute in luoghi di profondità chilometriche oltre passaggi allagati…

In questo caso non è da cercare nei numeri della scoperta in sé, nel senso che la giunzione è avvenuta a 100 metri di profondità di un nuovo abisso con meno di 500 mt di sviluppo: è che dietro a questa piccola grande gioia c’è un bel progetto di ricerca, denominato Progetto Ariadeghe che, da quattro anni e con passo apparentemente lento, sta iniziando a restituire risultati positivi e interessanti.

Lo studio ha fornito una serie di indicazioni che ci stanno mettendo sulla buona strada verso la comprensione del funzionamento di questa particolare struttura carsica, riguardo la circolazione delle acque interne e quella dei flussi d’aria correlata ai numerosi ingressi censiti in superficie.  

Vaino: la Sala Stria. Già a -20 m si nota la potenza del movimento di faglia – Foto Nicolò Falgari

Negli ultimi tre anni, a furia di giri quasi a tappeto in diversi settori,  sono state inserite nel catasto regionale 61 nuove cavità in quest’area con circa 4 km nuovi di rilevato e altrettanti di topografia a nuovo del sistema conosciuto, e alcune di queste iniziano ad avere sviluppo e dislivello in continuo aumento:  la loro posizione, la classificazione delle bocche alitanti (meteoalto, meteobasso o incerto), il posizionamento di 1200 doline e il loro allineamento sulla disposizione delle fratture, ci permette ora di avere un quadro molto più leggibile, se riferito al caos superficiale in correlazione allo sviluppo storicamente irraggiungibile dell’Omber profondo.

La soddisfazione ora è che ogni ingresso alitante ci dice qualcosa di sé, come fosse uno strumento che suona la sua musica in gruppetto, una sorta di orchestrina di suoi simili e tra questi gruppetti esiste un orchestra piena di gruppetti ma con alcune melodie e strumenti in comune.

In poche parole: quando abbiamo trovato l’ingresso e riconosciuta la sua alitazione, lo abbiamo chiamato così perchè eravamo certi che andasse in Omber.

Vaino: Vicky tasta le pareti in partenza del P41 Total Sfundament – Foto Nicolò Falgari

Certo, in ogni caso e in qualche modo tutto VA IN Omber: l’unico problema è che a Cariadeghe, con la presenza di oltre 120 ingressi in altopiano, “bucare” i primi 100 metri di dislivello è la parte più complicata dell’esplorazione, per motivi di ristrettezze e riempimenti.

Ma questo ingresso, già dal primo secondo ci ha dato l’impressione che fosse transitabile con più facilità rispetto al solito.

Oltre al famoso Omber en Banda al Bus del Zel, solo altri due abissi verticali riescono a collegarsi al reticolo profondo, mentre un altro nuovissimo risulta collegato alla via principale.

Ci stiamo dando da fare. Questa novità non sarà né la prima, né l’ultima.

Il libro della storia esplorativa di questo complesso è lungo e sofferto, l’attività sul campo dura da oltre un centennio ed è scritta dagli speleologi bresciani che ne sono stati i protagonisti.

Aver cercato e poi trovato la chiave celata di una delle quattro attuali porte, consente anche ad Underland, che ha sede proprio a Serle, l’aggiunta del suo piccolo ma nuovo capitolo, indelebile e di sicuro accrescimento per le conoscenze.

Max

Vaino: pareti perfettamente levigate sotto la Sala Stria… – Foto Nicolò Falgari

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